I rimborsi spese solo se documentati e riferiti a oneri concretamente sostenuti dai volontari dell’associazione sono esclusi da tassazione. In caso contrario, infatti, vanno assoggettati a ritenuta alla fonte e a Irpef. Ad affermarlo è la Corte di cassazione con l’ordinanza 23890 depositata il 24 novembre 2015

L’Agenzia delle Entrate notificava a una associazione di volontariato un avviso di accertamento con il quale recuperava a tassazione la ritenuta alla fonte sulle somme erogate ai propri volontari. Più precisamente, secondo l’ufficio, non si trattava di rimborsi spese, ma di compensi per l’opera prestata in favore dell’ente.
L’Associazione impugnava la pretesa dinanzi al giudice tributario, il quale solo in secondo grado annullava l’atto sul presupposto che le somme contestate dovevano considerarsi rimborsi delle spese effettivamente sostenute dai volontari e non compensi, attesa l’esiguità delle stesse e le modalità di pagamento. L’Agenzia ricorreva allora per Cassazione.
I giudici di legittimità innanzitutto hanno chiarito la portata della disposizione di cui all’articolo 2 della legge 266/91, secondo la quale al volontario possono essere soltanto rimborsate dall’organizzazione di appartenenza le spese effettivamente sostenute per l’attività prestata, entro i limiti preventivamente stabiliti dalle organizzazione stesse. Secondo la Suprema Corte, la prima parte della norma prevede che non possono considerarsi rimborsi, ma compensi soggetti a tassazione, gli esborsi erogati dalle associazioni di volontariato ai propri associati a titolo di rimborso forfettario. Si tratta, infatti, di somme prive di uno specifico collegamento con spese singolarmente individuate, sostenute dal percettore.
A ciò consegue che la prova del sostenimento incombe sulla parte contribuente che contesta la pretesa erariale, ossia l’associazione con riferimento alla ritenuta alla fonte ovvero al volontario per l’intero prelievo Irpef. Occorre, in proposito, documentare il pagamento delle spese oggetto di successivo ristoro da parte dell’ente.
La seconda parte della norma, invece, precisa che non possono considerarsi rimborsi spese, e quindi da tassare come compensi, i rimborsi oltre i limiti preventivamente stabiliti dall’associazione, da intendersi a tali fini dei massimali per singolo associato e non la posta iscritta nel bilancio preventivo dell’ente. Ne consegue che il rimborso con criteri forfettari è incompatibile con la disposizione, perché non rappresenta la restituzione di somme realmente spese dal volontario.
Alla luce di questi principi la Cassazione ha rilevato che la Ctr aveva omesso di riscontrare se il contribuente avesse prodotto documentalmente le spese asseritamente rimborsate e pertanto la sentenza sul punto andava cassata e rinviata ad altra commissione per l’esame in tal senso.