Con un approfondimento datato 17 gennaio 2017 e pubblicato nel suo sito, la Fondazione Studi dei Consulenti del Lavoro è intervenuta in merito all’indennità di malattia del settore spettacolo con particolare riferimento alle numerose note di rettifica emesse dall’Inps circa l’applicazione dell’aliquota contributiva del 34,28% piuttosto che quella del 33%. Secondo la Fondazione Studi la maggiorazione dell’1,28 richiesta dall’Istituto a titolo di indennità economica di malattia non è mai stata confermata ufficialmente tenendo conto che solo prima del 2011 il contributo era obbligatorio a meno che il contratto collettivo o individuale non prevedesse il pagamento diretto della retribuzione a carico dei datori di lavoro.

Premettendo che il riferimento normativo riguarda in generale i lavoratori dello spettacolo e non le singole qualifiche e che pertanto il contributo si intende dovuto per tutte le qualifiche che in base al settore d’inquadramento del datore di lavoro sarebbero normalmente escluse, l’Inps rivendica il diritto all’acquisizione del contributo di malattia basandosi su quanto disposto dall’art. 18, comma 16, del decreto-legge n. 98/2011, convertito con modificazioni nella legge n. 111/2011, che richiamando l’articolo 20, comma 1, del decreto-legge n. 112/2008, inserisce il comma 1-bis, prevedendo che dal 1° maggio 2011, i datori di lavoro di cui al comma 1 sono comunque tenuti al versamento della contribuzione di finanziamento dell’indennità economica di malattia in base all’articolo 31 della legge 28 febbraio 1986, n. 41, per le categorie di lavoratori cui la suddetta assicurazione è applicabile ai sensi della normativa vigente.

Di parere completamente opposto, in quanto la decorrenza dell’obbligo contributivo non può essere estesa al settore dello spettacolo proprio per la sua specialità rispetto alla generalità degli altri settori di attività, è la Fondazione Studi, asserendo che lo stesso Istituto aveva sostenuto tale tesi in numerose circolari in cui i lavoratori dello spettacolo fossero destinatari di canali diversi.

Legittimo sembra pertanto il comportamento tenuto dalle Aziende e dai Consulenti del Lavoro che hanno omesso di versare il contributo di malattia basandosi dapprima sul codice autorizzazione 8G che identificava il datore non tenuto al versamento dell’aliquota maggiorata ed in seguito sul solo inquadramento dell’azienda nello spettacolo.

L’Inps ha emesso le prime note di rettifica nel 2015 limitatamente alle aziende prive di del codice 8G ma successivamente anche alle aziende che ne erano in possesso e che l’Istituto ha provveduto alla rimozione senza alcuna motivazione, richiedendo il pagamento del contributo di malattia dal 01/05/2011 … praticamente gli ultimi cinque anni.

Legittimo sembra pertanto il comportamento tenuto dalle Aziende e dai Consulenti del Lavoro che hanno omesso di versare il contributo di malattia basandosi dapprima sul codice autorizzazione 8G che identificava il datore non tenuto al versamento dell’aliquota maggiorata ed in seguito sul solo inquadramento dell’azienda nello spettacolo.

Evidente pertanto il disagio dei datori di lavoro coinvolti che si vedono costretti ad affrontare innanzitutto un problema legato al DURC che per effetto delle note di rettifica sarà negativo e per cui sarà necessario proporre un ricorso amministrativo al fine di instaurare un contenzioso e che in pendenza possa consentire il rilascio di un DURC positivo (la proposizione di un ricorso amministrativo consente al destinatario della pretesa di ottenere l’attestazione della propria regolarità contributiva immediatamente); dall’altre parte gli avvisi di addebito che seguiranno alle note di rettifica a cui sarà necessario opporsi giudizialmente e ottenere la sospensiva, da parte del Giudice, dell’esecutorietà dell’avviso stesso ed il DURC positivo..

Nota del 10 giugno 2016 dei Consulenti

Fonte Sole 24 Ore