La Corte di cassazione ha aperto un varco ai fini del rimborso dell’imposta comunale sulla pubblicità e dei diritti sulle pubbliche affissioni le cui tariffe sono state deliberate dai Comuni, negli anni addietro, dopo il termine del 31 marzo. Per la Suprema Corte le delibere adottate dopo il 31 marzo non si possono applicare nell’anno in corso, ma a decorrere dall’anno successivo. Nel caso in cui il Comune abbia preteso l’imposta per l’anno in corso, e non a decorrere dall’anno successivo, il contribuente per tale anno può presentare istanza di rimborso.

La storia inizia nel 2001. La legge n. 448/2001 sostituisce l’art. 3, comma 5, D.Lgs. n. 507/1993 con il seguente:
“In deroga all’articolo 3 della legge 27 luglio 2000, n. 212, le tariffe dell’imposta sulla pubblicità e del diritto sulle pubbliche affissioni sono deliberate entro il 31 marzo di ogni anno e si applicano a decorrere dal 1° gennaio del medesimo anno. In caso di mancata adozione della deliberazione, si intendono prorogate di anno in anno”.
Da evidenziare che l’art. 3 è inserito nel Capo I del D.Lgs. n. 507/1993 che disciplina l’imposta sulla pubblicità e i diritti sulle pubbliche affissioni.
Ancora, l’art. 53, comma 16, della legge n. 388/2000, n. 388, è sostituito dal seguente:
“Il termine per deliberare le aliquote e le tariffe dei tributi locali, compresa l’aliquota dell’addizionale comunale all’IRPEF […] e le tariffe dei servizi pubblici locali, nonchè per approvare i regolamenti relativi alle entrate degli enti locali, è stabilito entro la data fissata da norme statali per la deliberazione del bilancio di previsione. I regolamenti sulle entrate, anche se approvati successivamente all’inizio dell’esercizio purchè entro il termine di cui sopra, hanno effetto dal 1° gennaio dell’anno di riferimento”.
Come si può constatare nella legge n. 448 del 2001 ci sono due disposizioni in materia di deliberazione delle tariffe/aliquote dei tributi locali: una specifica per l’imposta sulla pubblicità e i diritti sulle pubbliche affissioni e una, di carattere generale, per i tributi locali.

I differimenti

Nel corso degli anni il legislatore e il Ministro dell’Interno hanno differito, in moltissime occasioni, il termine per la deliberazione del bilancio di previsione (che in automatico ha fatto slittare il termine per deliberare le tariffe/aliquote dei tributi locali).

La controversia

Nel 2006 il Ministro dell’interno con il D.M. 27 marzo 2006 (in G.U. n. 75 del 30 marzo 2006) ha differito al 31 maggio 2006 il termine per la deliberazione del bilancio di previsione per l’anno 2006 da parte degli enti locali.
Un comune, in forza di questo differimento, in data 12 maggio 2006 ha deliberato, per l’anno 2006, l’aumento delle tariffe dell’imposta sulla pubblicità e dei diritti sulle pubbliche affissioni. Ad un contribuente viene notificato un avviso di accertamento riguardante l’imposta sulla pubblicità dei diritti delle pubbliche affissioni a seguito dell’esposizione nell’anno 2006 di n. 14 cartelli pubblicitari.
Sull’avviso di accertamento si innerva il contenzioso. Dopo i giudizi di primo e secondo grado viene proposto il ricorso in Cassazione.

L’ordinanza della Corte

Nell’ordinanza n. 949/2019 la Corte di Cassazione sostiene che la delibera comunale del 12 maggio 2006 che ha aumentato le tariffe non si può applicare nel 2006, ma può trovare applicazione a decorrere dal 1° gennaio 2007.
Per la Corte, nella specie non può trovare applicazione l’art. 53, comma 16, legge n. 388/2000 (come sostituito dalla legge n. 448/2001). Tale disposizione, di carattere generale riguarda, infatti – continua la Corte – i termini per deliberare le aliquote e le tariffe dei tributi locali ad esclusione di quelle dell’imposta sulla pubblicità e del diritto sulle pubbliche affissioni.
Diversamente dovrebbe ritenersi un’incoerenza del legislatore che, in un unico testo legislativo (legge n. 448/2001), prevede una norma di carattere generale sui termini per l’adozione delle delibere in materia di tributi locali che di fatto abroga un’altra disposizione di carattere speciale, sugli stessi termini, riguardante la sola imposta di pubblicità.
La Corte, aggiunge, a motivazione del suo assunto, che l’art. 15 delle disposizioni sulla legge in generale disciplina l’abrogazione delle leggi presupponendo una successione di leggi nel tempo, non una successione numerica di disposizioni all’interno dello stesso testo legislativo. Ne consegue che, nel caso in esame, deve trovare applicazione l’art. 3, comma 5, del D.Lgs. n. 507/1993 (modificato dalla legge n. 448 del 2001).
Nella fattispecie, continua la Corte, la delibera è intervenuta dopo il 31 marzo e, dunque, poteva trovare applicazione a decorrere dal 1° gennaio 2007.
In conclusione, ad avviso della Corte, le deliberazioni di aumento delle tariffe dell’imposta sulla pubblicità e dei diritti sulle pubbliche affissioni deliberate dopo il 31 marzo in forza di provvedimenti di differimento della deliberazione del bilancio di previsione (e di conseguenza di aumento delle tariffe/aliquote dei tributi locali), non si possono applicare a decorrere dall’anno corrente, ma a decorrere dal 1° gennaio dell’anno successivo.

Il rimborso

Al verificarsi di queste situazioni, si ha da parte del comune, l’applicazione, per l’anno corrente, di tariffe illegittime.
Questa regola enunciata per l’anno 2016 è da ritenersi valida anche per gli anni successivi.
Ne scaturisce che al verificarsi di situazioni simili negli anni successivi, si apre la possibilità per il contribuente di presentare al comune apposita istanza di rimborso.
A quest’ultimo proposito occorre ricordare che – in base all’art. 1, comma 164, legge n. 296/2006- “il rimborso delle somme versate e non dovute deve essere richiesto dal contribuente entro il termine di cinque anni dal giorno del versamento, ovvero da quello in cui è stato accertato il diritto alla restituzione. L’ente locale provvede ad effettuare il rimborso entro centottanta giorni dalla data di presentazione dell’istanza”.