Via libera con osservazioni, da parte del Consiglio di Stato, allo schema di regolamento messo a punto dal Mise sui “buoni pasto”. Il parere di Palazzo Spada, infatti, condivide la ratio generale dell’intervento del governo, “ispirata all’aumento della concorrenza e delle possibilità di fruizione del servizio da parte dell’utenza”. Apprezzamento è stato espresso per il metodo di consultazione delle categorie di operatori interessati. Lo rende noto un comunicato del segretariato generale della giustizia amministrativa.
Il parere si sofferma, tra l’altro, sul superamento del divieto assoluto di cumulabilità dei buoni pasto, attualmente previsto e sostanzialmente inapplicato condividendo invece l’indicazione contenuta nel provvedimento del Mise che ne consente l’utilizzo cumulato entro il limite di 10. Il Consiglio di Stato però suggerisce una “pur lieve riduzione” di questo limite per evitare “effetti non propriamente neutri sulle diverse categorie di esercizi” e rischi legati al possibile “snaturamento delle caratteristiche del buono pasto”, che resta un titolo “rappresentativo del servizio sostitutivo di mensa” e “non può essere utilizzato come una sorta di buono spesa universale e surrogato del danaro contante”.
Sì dei magistrati anche sulla scelta del provvedimento del governo di non introdurre, per i titoli “non elettronici”, l’obbligo di indicazione sul buono del nominativo del titolare. È una scelta che segue una “apprezzabile ottica di semplificazione” e che non pregiudica le finalità di accertamento, assicurate comunque dall’obbligo di firma del titolare al momento dell’utilizzo. E parere favorevole anche alle misure contro il ritardo nei pagamenti agli esercizi convenzionati, salvi alcuni miglioramenti del testo, per renderle ancor più efficaci.
Il parere dei giudici amministrativi affronta poi il fenomeno dell’aumento indiscriminato dei “servizi aggiuntivi” richiesti dalle società emettitrici di buoni pasto agli esercenti, che comporta una traslazione sulla rete degli esercizi convenzionati degli elevati ribassi presentati dalle stesse società emittenti in sede di offerta economica. Per contenere tale criticità, si legge nel documento, i magistrati suggeriscono una riformulazione che, in linea con quanto già osservato anche dall’Anac, limiti i “servizi aggiuntivi” ammessi solo a quelli “che consistono in prestazioni ulteriori rispetto all’oggetto principale della gara e abbiano un’oggettiva e diretta connessione intrinseca con l’oggetto della gara”.
Da ultimo, il Consiglio di Stato suggerisce un adeguato monitoraggio sull’efficacia del nuovo regime e ricorda che l’adozione del decreto è “particolarmente urgente” , poiché colma una lacuna normativa generata sin dall’aprile 2016, con l’entrata in vigore del nuovo codice dei contratti. E per evitare situazioni di stallo delle procedure di gara, si legge da ultimo, attesa la dimensione economica del fenomeno suggerisce al ministero, “se sussistono i presupposti, anche di fattibilità tecnica”, di “contenere maggiormente il termine di entrata in vigore delle nuove norme”, che lo schema fissa in 60 giorni.
Fonte: Labitalia
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