ll Comune è responsabile per la caduta occorsa a una donna, spintonata dalla folla all’ingresso dell’Auditorium comunale, provocata dalla scarsa illuminazione, dalla mancanza di transenne o corridoi di accesso e dall’assenza del personale incaricato. Se l’Amministrazione avesse approntato un adeguato servizio, infatti, avrebbe potuto, quanto meno, contenere la calca degli spettatori ed evitare condizioni di rischio per quest’ultimi.
Lo ha precisato la Corte di Cassazione, terza sezione civile, nella sentenza n. 19993/2016 (qui sotto allegata) accogliendo il ricorso contro la sentenza della Corte d’Appello che aveva dichiarato la concorrente responsabilità, nella misura del 75%, della danneggiata e originaria attrice nella causazione del sinistro avvenuto mentre stava salendo i gradini dell’Auditorium comunale per assistere ad uno spettacolo.
La donna, sospinta dalla folla che si accalcava all’ingresso e, anche a causa della carenza d’illuminazione dell’area e della mancanza di personale di sorveglianza che consentisse un regolare flusso nell’ingresso dei numerosi spettatori, era caduta sulla scalinata, procurandosi gravi lesioni da cui erano residuati a suo carico anche postumi invalidanti permanenti.
La ricorrente si duole che la corte di merito abbia erroneamente e immotivatamente ritenuto il suo concorso di colpa nella causazione del sinistro, per di più nella preponderante misura del 75%.
Un motivo che, per gli Ermellini, risulta fondato: la Corte territoriale, aderendo alle conclusioni del primo grado, ha evidenziato la condotta colposa del Comune organizzatore dell’evento per non avere predisposto alcun servizio per disciplinare l’afflusso degli spettatori alla struttura, non potendosi infatti escludere, necessariamente con una valutazione ex ante, l’opportunità di tale servizio in relazione alla “modestia” dell’evento, e dovendo, invece, porsi in risalto che l’ingresso libero, il ridotto numero di posti a disposizione e la notorietà locale del personaggio chiamato ad esibirsi avrebbe dovuto far propendere l’amministrazione per l’approntamento dell’indicato servizio.
Ancora, la presenza di idonee misure (transenne o corridoi di accesso obbligati) e di personale incaricato avrebbe potuto, quanto meno, contenere la calca degli spettatori ed evitare condizioni di rischio per quest’ultimi, da qui la conclusione che dal relativo mancato apprestamento deriva la responsabilità dell’Amministrazione comunale.
Tuttavia la corte di merito ha disatteso tali principi là dove ha affermato che la ricorrente “si è volontariamente esposta al rischio di subire danni fisici” in quanto, “nel dato pacifico che l’appellata all’epoca dei fatti non era più giovane, avendo compiuto 63 anni, è agevole rilevare che la stessa una volta preso atto della situazione” che si era venuta a creare, avrebbe dovuto e puramente e semplicemente sottrarsi alla calca e tenersi in disparte in attesa della apertura della porta di ingresso.
Tuttavia, ascrivendo la caduta della ricorrente pressoché in via esclusiva alla sua stessa colpa, la Corte territoriale ha sostanzialmente svuotato di contenuto l’affermazione della responsabilità del Comune.
Per gli Ermellini va, invece, osservato che, ben nota la situazione dei luoghi (carenze di illuminazione, presenza nel piazzale di gradini che potevano determinare agli avventori problemi di equilibrio) nonché agevolmente prevedibile il considerevole afflusso di spettatori, emerge con tutta evidenza la diretta derivazione del sinistro alla condotta colposa proprio del Comune organizzatore non improntata alla diligenza, prudenza e cautela dovute in relazione alle concrete circostanze di luogo e del caso.
L’Amministrazione non ha invero dimostrato che l’evento dannoso presentasse i caratteri dell’imprevedibilità e dell’inevitabilità non superabili con l’adeguata diligenza del caso, ovvero che l’evitabilità del danno fosse perseguibile solamente con l’impiego di mezzi straordinari oppure che l’infortunata avesse fatto un uso anormale della cosa così singolare da non poter essere neppure prevedibile e prevenibile, nulla avendo al riguardo indicato la corte di merito.
Infine, i giudici del Palazzaccio precisano che, anche a voler considerare nella specie colposa la condotta della vittima, il giudice deve fornire congrua motivazione in ordine (anche) alla determinazione della proporzione del relativo concorso con quella del danneggiante, indicando specificamente i criteri e gli indici all’uopo considerati, non potendo limitarsi, come nell’impugnata sentenza, ad una mera del tutto apodittica indicazione. Parola al giudice del rinvio.
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