Rimborsi auto con partenza da casa non imponibili in capo al collaboratore purché la sua abitazione sia considerata sede di lavoro e la trasferta avvenga al di fuori del comune di residenza.
Rimborsi imponibili, invece, per il dipendente sull’eccedenza chilometrica del percorso “casa – luogo di trasferta” rispetto a quello “sede di lavoro – luogo di trasferta” se il primo supera il secondo e la località da raggiungere si trova in un Comune diverso dalla sede di servizio.
Sono queste le conclusioni a cui si giunge coordinando i chiarimenti contenuti nella risoluzione delle Entrate n. 92 del 30 ottobre scorso, con la risoluzione 67/2001 e con l’articolo 51, comma 5, del Testo unico delle imposte sui redditi (Tuir).
Iniziamo dalla regola generale, che commisura la trasferta a partire dalla sede di lavoro, risultante dal contratto o dalla lettera di assunzione. Tra i requisiti delle trasferte troviamo la temporaneità dello spostamento e l’inerenza, ai sensi dell’articolo 109, comma 5, del Tuir, ossia la quantomeno potenziale utilità del viaggio rispetto allo svolgimento dell’attività d’impresa. Peraltro il tragitto casa lavoro non rientra tra le fattispecie in esame, ma non c’è dubbio che gli eventuali rimborsi in denaro siano interamente imponibili in capo al lavoratore.
Come accennato, per applicare correttamente il regime fiscale delle trasferte è indispensabile conoscere quale sia la sede di lavoro. In particolare, i rimborsi delle spese di trasporto con mezzi pubblici per le trasferte all’interno del Comune non sono imponibili in capo al dipendente, ex articolo 51, comma 5, del Testo unico delle imposte sui redditi, se adeguatamente documentati. Lo stesso non si può dire per le indennità chilometriche, seppure in ambito comunale. Secondo l’interpretazione delle Entrate (Risoluzione 232/2002), dette indennità non sono assimilabili alle spese di trasporto di cui sopra e dunque vanno tassate.
Nessun problema, invece, per le spese di viaggio relative alle trasferte effettuate fuori del territorio comunale, anche se sotto forma di indennità chilometrica, che non concorrono a formare il reddito del dipendente se vanno effettivamente a compensare le spese sostenute nella trasferta (in base alle tabelle Aci).
In tema di rimborsi chilometrici, può accadere inoltre che, in caso di missione fuori del territorio comunale, al lavoratore torni più comodo partire direttamente dalla propria abitazione, senza transitare per la sede di lavoro. Nella risoluzione n. 92/2015 l’agenzia delle Entrate sostiene che tali rimborsi sono interamente esclusi da tassazione nel caso in cui sono commisurati alla distanza percorsa e questa risulti minore di quella esistente tra sede di lavoro e luogo della trasferta. In caso contrario, invece, la quota di indennità riconosciuta per il tratto eccedente quello intercorso tra sede di lavoro e luogo della trasferta è pienamente imponibile.
È bene precisare che anche nei confronti dei collaboratori si applica la medesima disciplina delle trasferte prevista per i dipendenti e contenuta nel citato articolo 51, comma 5, del Tuir. Con un’eccezione: nelle circolari n. 7/2001 e n. 67/2001 le Entrate hanno ammesso che per talune attività di collaborazione e per gli amministratori di società (salvo diversa indicazione nell’atto di nomina, scrive l’Agenzia) non sia possibile «in virtù delle caratteristiche peculiari della prestazione svolta determinare contrattualmente la sede di lavoro nè identificare tale sede con quella della società». Ebbene in questi casi per individuare la sede di lavoro occorre fare riferimento al domicilio fiscale del collaboratore.
Rimane fermo che l’individuazione della sede di lavoro è stabilita liberamente tra le parti (circolare 326/1997) e che per il collaboratore può essere anche il proprio domicilio. In ogni caso – secondo la citata prassi – pure in mancanza di indicazione contrattuale si può comunque considerare la residenza come sede di lavoro se le peculiari caratteristiche della prestazione svolta lo consentono. Circostanza, quest’ultima, che a nostro avviso dovrebbe essere la norma vista la sostanziale autonomia di cui gode il collaboratore – anche in relazione ai tempi e al luogo di lavoro – come previsto nel decreto 81/2015, in attuazione del Jobs Act.
Alla luce delle anzidette considerazioni, se il domicilio del collaboratore è la sua sede di lavoro, va da sè che questo costituirà il riferimento per commisurare l’imponibilità dei rimborsi spese delle trasferte.
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