I compensi percepiti in Francia da un artista (o da uno sportivo) residente in Italia sono da includere nel reddito imponibile della dichiarazione da questi presentata in Italia (in ossequio al principio “dell’utile mondiale”), e sugli stessi spetterà il relativo credito di imposta (corrispondente a quella assolta a titolo definitivo nell’altro paese).
Infatti, all’articolo 17 della Convenzione Italia – Francia, non è prevista in alcun modo l’esclusiva potestà impositiva del paese in cui le prestazioni sono state rese dall’artista, in quanto, perché ciò accada, occorre che sia specificamente previsto che le stesse siano imponibili “soltanto” in detto Stato.
Lo afferma la sentenza 23984/2016 della Cassazione, nel respingere il ricorso proposto dal contribuente avverso la sentenza Ctr Toscana n. 120/2013. Quest’ultima, ribaltando la precedente decisione della Ctp, aveva accolto l’appello delle Entrate, ritenendo che si dovesse applicare la «regola del concorso, ai fini Irpef, delle potestà impositive dei due paesi». Con ciò confermando che l’Italia mantiene la sua potestà impositiva, evitando la doppia imposizione – appunto – con il riconoscimento del credito di imposta per quella pagata in Francia dal contribuente residente in Italia.
La Suprema corte prima rileva che la ratio della norma va ricercata nello scopo di evitare che vi possano essere “zone franche” nell’imposizione, poi osserva che – normalmente – le Convenzioni «prevedono o una potestà esclusiva dello Stato estero, o una potestà concorrente dei due Stati. In quest’ultima ipotesi il rischio della doppia imposizione è evitato concedendo al contribuente, che abbia pagato le imposte all’estero, un credito di imposta in Italia».
A conferma di tanto, i giudici di legittimità annotano che, all’interno della Convenzione all’esame, non mancano i casi in cui è prevista la tassazione “soltanto” in Francia, sia per altre categorie di redditi (articoli 18 e 19), sia per una diversa situazione regolamentata nello stesso articolo 17, evidenziando con ciò l’esistenza di ambedue le ipotesi (concorso della potestà impositiva degli Stati contraenti o esercizio della stessa in uno solo di essi).
La Corte di Cassazione osserva ancora che l’interpretazione letterale delle Convenzioni – per dominante opinione – non ammette il ricorso a diversi metodi, se non laddove essa «conduca a conclusioni oscure o in conflitto con altre regole del sistema». Peraltro lo stesso Commentario al Modello di Convenzione dell’Ocse/2014, ancorché non costituisca fonte di diritto, al paragrafo 12 (dell’art. 17) suggerisce di privilegiare – per l’eliminazione della doppia imposizione – il metodo del credito d’imposta.
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