La Corte di Cassazione, con la sentenza n.40706/17 ha condannato il datore di lavoro per un infortunio accorso ad un suo dipendente fuori dall’orario di lavoro. Nel caso specifico il lavoratore, che nel giorno dell’infortunio avrebbe dovuto svolgere la sua attività al di fuori del capannone, si era recato all’interno per invitare un collega a bere un caffè salendo sul muletto guidato da quest’ultimo. Dopo il rifiuto era sceso dal muletto sul quale era salito violando le disposizioni e senza prudenza e da questo era stato investito (in retromarcia con pneumatico posteriore sul piede), in quanto chinato e divenuto invisibile nella manovra del collega. Il comportamento abnorme tenuto dall’infortunato, al di fuori della normale prevedibilità, avrebbe dovuto portare ad una valutazione di insussistenza del nesso di causalità, in quanto le lesioni subite dal lavoratore non erano conseguenza di un’azione od omissione dell’imputato.
Per la Corte, invece, l’interruzione del nesso causale è configurabile solo se la causa sopravvenuta inneschi un rischio nuovo e del tutto incongruo rispetto al rischio originario attivato dalla prima condotta. Nel caso esaminato l’ingresso dell’infortunato nell’area dove stava lavorando il mulettista non può essere considerata abnorme, essendo assai probabile che qualsiasi lavoratore, anche esperto, ove non venga adeguatamente reso edotto dei rischi specifici di un’area, vi si rechi esponendosi ai pericoli derivanti da errate manovre. Il datore di lavoro, quindi, avrebbe dovuto rispettare le cautele antinfortunistiche relative alla valutazione del rischio e apporre idonea segnaletica. Compito del datore è quello di evitare che si verifichino eventi lesivi dell’incolumità fisica intrinsecamente connaturati all’esercizio di alcune attività lavorative, anche nell’ipotesi in cui itali rischi siano conseguenti a negligenze, imprudenze e disattenzioni del lavoratore, la cui incolumità deve essere protetta con appropriate cautele.
Fonte: Consulenti del Lavoro
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