[vc_row][vc_column][vc_column_text]Rientrano nella complessiva prestazione artistica, prodotta da una Srl e ceduta a terzi (local promotor), non solo le prestazioni rese dai singoli artisti (cantanti, musicisti, eccetera), ma anche quelle dei fonici, degli addetti alle luci e, in generale, dei soggetti che contribuiscono alla fondamentale scenografia dell’evento/concerto, con esclusione soltanto degli altri servizi che non hanno rilevanza al riguardo. Questo il principio che si ricava dalla sentenza 4856/01/2019 della Ctr Lombardia del 3 dicembre 2019 (presidente Chindemi, relatore Fucci) .

Il caso
Una contribuente, società di capitali, impugnava alcuni avvisi di accertamento emessi dall’agenzia delle Entrate per alcune annualità ed in materia di Iva ritenendo illegittimo l’operato dell’amministrazione la quale aveva disconosciuto l’aliquota agevolata al 10% che, al contrario, doveva, a suo parere, essere applicata al cosiddetto «pacchetto» ovvero alla complessa e inscindibile prestazione artistica resa non solo dagli artisti, ma anche da fonici, dagli addetti alle luci e dagli altri operatori il cui ruolo professionale era da considerarsi essenziale per la realizzazione dell’ evento creativo organizzato dalla società e poi ceduto al gestore locale dello stesso. Tesi che veniva accolta dai giudici di prime cure i quali annullavano gli avvisi di accertamento impugnati.

L’ufficio proponeva appello avverso la sentenza di primo grado ribadendo la liceità del proprio operato e ribadendo l’escludere l’applicazione dell’aliquota agevolata alla predetta inscindibile componente artistico/scenografica del prodotto realizzato dalla società in quanto il prodotto, intrinsecamente di natura artistica, era stato ceduto dalla contribuente a terzi che ne sono i local promotor e che curano, quindi, le singole rappresentazioni locali; andava , pertanto, esclusa, secondo l’amministrazione finanziaria l’applicazione dell’ aliquota agevolata ai contratti , oggetto del contendere, in quanto la cessione delle singole prestazioni artistiche organizzate nel complessivo finale prodotto artistico era stata oggetto di intermediazione da parte del produttore che cede il prodotto artistico al local promotor.

La pronuncia d’appello
La Ctr confuta la tesi di parte pubblica, condivide le deduzioni della società e, quindi, decide di confermare il decisum della Ctp. I giudici regionali condividono il principio affermato nella sentenza di primo grado secondo cui «rientrano nella complessiva prestazione artistica prodotta dalla Sri contribuente e ceduta ai terzi (local promotor) non solo le prestazioni rese dai singoli artisti (cantanti, musicisti, eccetera), ma anche quelle dei fonici, degli addetti alle luci e, in generale, dei soggetti che contribuiscono alla fondamentale scenografia dell’evento/concerto, con esclusione, quindi, solo degli altri servizi che non hanno rilevanza al riguardo», dovendosi riconoscere nel caso de quo l’aliquota agevolata dell’Iva al 10% per tutte le prestazioni tecnico-professionali che contribuiscono alla realizzazione del complessivo prodotto artistico in questione, non potendosi scindere, in un concerto musicale, quelle del cantante e dei musicisti da quelle rese dai fonici e dagli addetti alle luci che certamente contribuiscono alla originalità della scenografia dell’evento.

Il collegio avalla la difesa della società laddove ha precisato che nel concetto di «contratti di scrittura», per i quali è prevista l’aliquota Iva agevolata, rientrano tutte le inscindibili prestazioni di natura artistica e creativa cedute con i contratti incriminati nonché laddove ha sostenuto che, escludere l’applicazione della suddetta aliquota agevolata ai contratti in discussione solo perché la cessione delle singole prestazioni artistiche organizzate nel complessivo finale prodotto artistico è oggetto di una intermediazione da parte del produttore che cede il prodotto artistico al local promotor, comporterebbe conseguenze che violano il fondamentale principio comunitario di neutralità dell’Iva. I giudici confermano altresì l’illegittimità degli atti (per due delle annualità in contestazione) per difetto del prescritto contraddittorio (che ha riguardato una sola delle annualità ) trattandosi di tributo armonizzato ed essendo rilevanti e non pretestuose le motivazioni che la società avrebbe potuto dedurre in quella sede (prova di resistenza).

Il contesto
La questione risolta dai giudici milanesi si inserisce nell’alveo del noto dibattito dottrinale e giurisprudenziale sul concetto di accessorietà alla prestazione principale in materia di imposta sul valore aggiunto. Nelle operazioni commerciali, come nel caso qui commentato, è quasi una consuetudine che il cedente di un bene o il prestatore di un servizio si trovi a dover fatturare più operazioni fra loro connesse nell’ambito del medesimo accordo; ciò in virtù del fatto che l’effettuazione di un servizio o la cessione di un bene il più delle volte richiede operazioni di carattere sussidiario che completano, integrano o addirittura determinano l’esistenza delle operazioni principali. La Corte di giustizia, in diverse sentenze (ex multis C-111/05), ha cercato di perimetrare tale concetto affermando che «si è in presenza di un’unica prestazione quando due o più elementi o atti forniti dal soggetto passivo al cliente sono a tal punto strettamente connessi da formare, oggettivamente, una sola prestazione economica indissociabile la cui scomposizione avrebbe carattere artificiale», nonché che «nell’ipotesi di un’unica operazione composita, una prestazione deve essere considerata accessoria ad una prestazione principale quando essa non costituisce per la clientela un fine a sé stante, bensì il mezzo per fruire nelle migliori condizioni del servizio principale offerto dal prestatore».

Utile ricordare, a parere dello scrivente e con riferimento al caso esaminato dai giudici ambrosiani, l’apertura data dalla stessa prassi dell’amministrazione finanziaria (circolare 37/E/2011) sul piano dell’identità tra soggetti che realizzano le due operazioni (principale e accessoria) laddove esplicita che «al fine di qualificare una prestazione di servizi come accessoria rispetto a quella principale, pur restando confermata la necessaria strumentalità della prima rispetto alla seconda, è opportuno prescindere dall’identità dei soggetti coinvolti nell’operazione principale e in quella accessoria». In tale scenario e per quanto concerne il tema trattato nella sentenza in commento la «disciplina degli artisti» è stata recentemente oggetto di un corposo e approfondito intervento di prassi da parte dell’amministrazione finanziaria (circolare 20/E del 21 dicembre 2018), esplicativa rispetto alla modifica normativa introdotta con l’articolo 1, comma 340, legge 205/2018 la quale ha mutato il n. 119) della tabella A, parte III, del Dpr 633/1972, confermando l’applicazione dell’aliquota agevolata del 10% ai contratti previsti al n. 123 della citata tabella A, parte III, applicabile anche a quei contratti che prevedono un intermediario e il suo rapporto con l’organizzatore e l’artista.

Le principali novità sono costituite:
dall’inclusione nell’Iva agevolata, oltre le prestazioni dell’artista, anche di tutte le prestazioni cedute dal produttore (o intermediario) all’organizzatore, con particolare riferimento a quelle funzionali alla prestazione artistica (l’assistenza musicale, la fornitura di impianti, la realizzazione del palco e delle scenografie, l’assistenza luci);
 dalla non inclusione nell’aliquota agevolata di tutti quei servizi che non sono direttamente connessi alla prestazione artistica (allestimento di camerini, di bagni chimici).

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