La Corte di cassazione, con la sentenza n. 33576 del 28 dicembre 2018, ha ribadito il principio di diritto secondo cui, “in tema di imposta di registro, l’esistenza di un valore di avviamento dell’azienda, costituente l’oggetto di un giudizio di fatto rimesso al prudente apprezzamento del giudice di merito, non può essere esclusa sulla base della sola circostanza che l’impresa abbia subito delle perdite negli esercizi degli anni precedenti e di quelli successivi”, pur essendo tali elementi meritevoli di apprezzamento nell’ambito del giudizio di merito da parte dell’organo giudicante.
Nel caso demandato al sindacato della suprema Corte, i giudici di seconde cure, in sede di motivazione della sentenza, dopo aver preso atto dell’esistenza di una minima organizzazione autonoma e funzionale idonea allo svolgimento dell’attività dell’impresa, avevano poi respinto l’appello dell’ufficio sulla base della sola considerazione che non poteva esservi alcun avviamento in quanto la società cedente aveva cessato da tempo l’attività, fatto comprovato dal licenziamento del personale, la qual cosa rendeva i beni trasferiti con il complesso aziendale non idonei a svolgere un’attività produttiva.
A parte l’evidente contraddittorietà logica di tale assunto, in realtà, già nella motivazione dell’atto impositivo impugnato e poi nei successivi due gradi di giudizio, l’ufficio aveva evidenziato e valorizzato altri elementi di fatto di notevole portata e significatività che, però, non erano stati adeguatamente presi in considerazione dai giudici di merito, tra cui quello, recepito in diverse occasioni anche in sede di legittimità, secondo cui “è errato ritenere che l’avviamento sia direttamente e risolutivamente collegato all’esistenza di un utile di esercizio negli ultimi tre periodi di imposta” in quanto “il dato rilevante è quello dei ricavi ottenuti dall’azienda” (ex multiis, cfr Cassazione, 14336/2011).
Dunque, la presenza di perdite negli anni antecedenti sia la cessione di azienda sia di un suo ramo può avere delle sue ragioni giustificative che possono prescindere dall’esistenza o meno dell’avviamento e che possono consistere: “nell’insufficiente liquidità nel patrimonio dell’impresa, nel peso degli oneri finanziari, nelle persistenti perdite su crediti ed altri fattori tutti estranei alla presenza dell’azienda sul mercato e alla sua capacità di attrarre la clientela” (cfr Cassazione, 2702/2002 e 22506/2015).
L’avviamento costituisce, infatti, una componente qualitativa del valore dell’azienda che indica la sua attitudine al profitto e che va a sommarsi al valore degli altri beni che la compongono compresi i costi e gli oneri di natura fiscale.
È pur vero che tale qualità può avere una ponderazione differente a seconda delle componenti di fatto che si possono riscontrare alla sua base.
In altre parole, si avrà un avviamento maggiormente persistente e con maggiore attitudine al conseguimento di utili allorché si riscontri nell’azienda: una posizione sul mercato di lungo corso che poggia anche su una tradizione familiare storica trasmessa di generazione in generazione; una collocazione territoriale o una ubicazione strategica; l’utilizzo di uno o più brevetti o di marchi; una elevata produttività abbinata a macchinari e a standard tecnologici che richiedono un know howelevato; una elevata notorietà ottenuta grazie a una rete di pubblicità e di marketing capillare ed efficace oltre che di lungo corso.
Diversamente, i fattori che rendono un avviamento meno incline alla sua durevolezza nel tempo sono quelli che afferiscono alla componente umana dell’azienda, vale a dire quelli che sono o meno legati alla compagine degli amministratori e alla loro personale modalità di dirigere, oppure alle relazioni sociali con i clienti, i fornitori, i collaboratori e i dipendenti: con riferimento a questi ultimi, non è da trascurare l’effetto del progresso tecnologico che va a incidere negativamente sulle loro capacità lavorative acquisite che finiscono spesso con l’assumere una connotazione in termini di lentezza o di obsolescenza.
Dunque, ai sensi dell’articolo 51 del Dpr 131/1986, il valore, che deve essere preso in considerazione ai fini della determinazione della base imponibile per il pagamento dell’imposta di registro, equivale al prezzo in comune commercio che il bene ha anche solo potenzialmente, “vale a dire quello che il venditore ha maggiori probabilità di realizzare e l’acquirente di pagare in condizioni normali di mercato a prescindere da situazioni soggettive e momentanee che possono deprimerlo o esaltarlo” (cfrCassazione, 9115/2012).
Ai fini della determinazione del valore patrimoniale dell’avviamento dell’azienda, dunque, sarà sicuramente utile prospettare al giudice tributario di merito, nell’ambito del suo giudizio estimativo, gli elementi innanzi indicati ai fini del loro prudente apprezzamento: “la valutazione degli elementi emersi nel corso del giudizio sono rimessi alla discrezionalità del giudice e la relativa pronuncia sarà sindacabile in sede di legittimità solo ed esclusivamente sotto il profilo della carenza o inadeguatezza della motivazione” (cfr Cassazione, 11354/2001 e 613/2006).
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