La modifica delle modalità di redazione del modello, da «Dm10 cartaceo» a «Dm10 virtuale», non comporta variazioni sotto il profilo della provenienza dei flussi informativi dal datore di lavoro interessato, quindi, la denuncia contributiva online ha lo stesso valore di quella cartacea.

La Corte di cassazione con la sentenza n. 42715/2016, ha rigettato il ricorso di un datore di lavoro che, condannato per il reato di mancato versamento delle ritenute operate sulle retribuzioni dei lavoratori, sosteneva che il Dm virtuale (denuncia contributiva mensile online) non poteva avere valore confessorio dell’avvenuta erogazione degli stipendi. La Corte, invece, ha affermato che UniEmens costituisce prova sufficiente dell’avvenuta corresponsione degli stipendi ai dipendenti. In presenza di tale denuncia, ma in mancanza dei versamenti delle ritenute operate ai dipendenti, il datore di lavoro è condannabile per appropriazione indebita.

Nella sentenza, infatti, viene ribadito che, ancorché generato dal sistema informativo dell’Inps, il Dm10 virtuale ha le stesse caratteristiche e informazioni del Dm10 cartaceo. Quindi, anche se è stato generato dalle procedure informatiche dell’Inps, esso si basa esclusivamente sulle informazioni e sui dati forniti dal contribuente, come il risultato delle denunce individuali dei lavoratori dipendenti (UniEmens).

La mancata trasmissione telematica delle denunce individuali e aziendali da parte del datore di lavoro (UniEmens) addirittura impedisce la generazione del Dm10 virtuale, così segnalandosi automaticamente in posizione di irregolarità formale del datore per l’assenza del modello dichiarativo. Questo sta a sottolineare la necessità dei dati dichiarati dal datore di lavoro ai fini della compilazione da parte dell’Inps delle denunce contributive mensili.