Con la sentenza n. 8873 dello scorso 4 maggio 2015 la Corte di Cassazione ha stabilito che il datore di lavoro, in caso di erogazione di assegni per il nucleo familiare non spettanti, è obbligato al recupero delle somme trattenendole su quelle dovute al lavoratore a qualsiasi titolo in dipendenza del rapporto di lavoro.

La disciplina degli ANF è contenuta nel DPR n.797 del 1955, il all’articolo 37, comma 1, stabilisce che gli assegni familiari sono corrisposti agli aventi diritto a cura del datore di lavoro alla fine di ogni periodo di pagamento della retribuzione.

L’articolo 43, del medesimo Decreto del Presidente della Repubblica, stabilisce, al primo comma, richiamando quanto previsto dall’articolo 42, che se l’ammontare dei contributi dovuti risulta superiore all’ammontare degli assegni corrisposti, il datore di lavoro provvedere, entro dieci giorni dalla fine di ciascun mese, a versare l’eccedenza all’INPS, e al successivo terzo comma, che se l’ammontare degli assegni corrisposti risulta superiore all’ammontare dei contributi dovuti, l’INPS provvedera’ a rimborsare l’eccedenza al datore di lavoro.

In pratica gli Assegni per il nucleo familiare vengono pagati dall’INPS ma sono versati dal datore di lavoro in busta paga, il quale poi porta l’importo degli stessi a conguaglio nel DM10 contenuto nella delega di pagamento F24 da saldare entro il 16 del mese successivo a quello di paga.

Per gli Ermellini questo meccanismo di sostituzione deve operare anche nel senso opposto. Ciò significa che nel caso in cui il datore abbia pagato delle somme a titolo di Assegni per il Nucleo Familiare indebitamente, ovvero senza che il lavoratore ne avesse i titoli, lo stesso datore è tenuto a recuperare le relative somme, trattenendole su quelle da lui dovute al lavoratore medesimo a qualsiasi titolo in dipendenza del rapporto di lavoro e versandole aqttraverso il meccanismo del DM10.

L’art 24 del d.P.R. n. 797 del 1955, art. 24 stabilisce infatti che in caso di indebita percezione di assegni da parte dei lavoratori le somme da restituire sono trattenute in ogni caso sull’importo di qualsiasi credito derivante dal rapporto di lavoro.

Pertanto, alla luce di quanto sopra esposto, l’INPS può richiedere le somme dei contributi erroneamente portati in compensazione, nel caso in cui lo stesso datore di lavoro li abbia compensati con Assegni Familiari non dovuti anche se gli stessi dovranno ancora essere recuperati al lavoratore.

CORTE_DI_CASSAZIONE_Sentenza_8873_del_4_maggio_2015