Gli italiani sono tornati a spendere in cultura: ben 68,4 miliardi tirati fuori dal portafoglio nel 2016 (+1,7% sul 2015 quando erano 67,438), con una media di 130 euro al mese a famiglia. Ovvero 4 miliardi in più del 2013, l’anno nero dei consumi. Una crescita che quasi doppia l’incremento triennale della spesa generale per consumi (+7% contro +4,3%). Si va di più a teatro (+2%), al cinema (+5%), ma soprattutto si va per musei, mostre (+4%) e siti archeologici (+5,4%). Con un’impennata del 22% in tre anni nella fruizione del patrimonio.
E’ la fotografia del paese raccontata dal 13/o Rapporto Annuale Federculture ”Impresa Cultura. Gestione, Innovazione, Sostenibilità”, illustrato oggi dal direttore Claudio Bocci e dal Presidente Andrea Cancellato, alla presenza del Ministro di Beni culturali e turismo, Dario Franceschini. Ed è proprio ai musei statali che appartengono le prestazioni migliori, con 45,5 milioni di ingressi nel 2016 (+4% sul 2015), che il ministro dice ”a fine 2017 potrebbero raggiungere la quota record di 50 milioni in un anno”. Bene hanno fatto soprattutto gli istituti che la Riforma ha trasformato in autonomi, da Brera al Museo Nazionale Romano, gli Uffizi o Capodimonte, che tra il 2014 e il 2016 (quando erano ancora solo 20) hanno registrato 8 milioni di visitatori e oltre 31 milioni di euro di incasso (+16,7% e +37,7%). Ovvero, il 18% dei visitatori totali degli istituti statali e il 25% degli introiti.
La cultura trascina anche il turismo, con il record storico di 116,9 milioni di arrivi nel 2016 (+3,1%) e 403 milioni di presenze (+2,6%), dei quali si calcola che il turismo culturale sia circa un terzo con 42 milioni di arrivi in un anno solo nelle città d’arte. Un trend positivo generale che sostiene il settore anche nei primi sette mesi del 2017 (+4% con 70,5 milioni di arrivi e 233,8 di presenze).
”Abbiamo rotto un tabù, riportando la cultura al centro – commenta Franceschini elencando i provvedimenti intrapresi nel suo mandato -. Siamo riusciti a spiegare che investire in cultura non è solo un adempimento della Costituzione o un modo per far sentire bene le persone. Ma un modo intelligente per far crescere il paese e la sua economia. Uno dei risultati di cui sono abbastanza certo e orgoglioso – sottolinea – è la non reversibilità dei provvedimenti realizzati” anche perché ”sono sempre stati approvati da una maggioranza più larga di quella del governo, che mi fa pensare come queste cose non siano in discussone”.
Non mancano, però, le note dolenti, a partire dall”’esclusione culturale” con una famiglia su tre (37,4%) che non svolge alcuna attività dedicata. Una percentuale che nei nuclei a basso reddito raggiunge e supera il 50%. Meno di un italiano su due, poi, legge almeno un libro l’anno (40,5%) e appena l’8,3% lo fa in e-book. Un dato per di più costantemente in calo se nel 2010 i lettori erano il 46,8% della popolazione.
E persiste il divario Nord-Sud. Se il Trentino Alto Adige è la regione che anche nel 2016 mostra una maggiore propensione ai consumi culturali (209 euro a famiglia), seguita da Lombardia (177 euro) ed Emilia Romagna (166), agli ultimi posti della classifica sono Calabria (62 euro), Basilicata (60) e Molise (59). Sardegna e Campania, però, le regioni con la crescita maggiore (+18,8% e 15,4%). Anche dei 180 milioni elargiti da privati con l’Art Bonus, ben l’80% si ferma al Nord, il 18% al Centro e appena il 2% arriva fino al Sud e alle isole.
Mezzogiorno fanalino di coda anche tra i turisti stranieri: 6,5 miliardi di euro spesi in Lombardia e solo 1,8, ovvero meno di un terzo, in Campania, la regione del sud che pure registra la spesa più alta.
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