L’Inps, con la circolare n. 170 del 13 ottobre 2015, descrive, in maniera sintetica, l’istituto del lavoro accessorio, con particolare riferimento alla sua compatibilità e cumulabilità con le prestazioni di sostegno al reddito (indennità di mobilità, NASpI, disoccupazione agricola, Cassa Integrazione Guadagni).
L’articolo 48 del decreto legislativo n. 81 del 2015 stabilisce che, per prestazioni di lavoro accessorio, si intendono attività lavorative che non danno luogo, con riferimento alla totalità dei committenti, a compensi superiori a 7.000 euro nel corso di un anno civile, annualmente rivalutati sulla base della variazione dell’indice ISTAT dei prezzi al consumo per le famiglie degli operai e degli impiegati.
L’articolo conferma che, fermo restando il limite complessivo dei 7.000 euro, per anno civile, nei confronti di committenti imprenditori o professionisti, le attività lavorative rese col sistema dei buoni lavoro possono essere svolte a favore di ciascun singolo committente per compensi non superiori a 2.000 euro, anche essi rivalutati annualmente.
Per lo svolgimento di lavoro accessorio i committenti acquistano, esclusivamente attraverso modalità telematica, uno o più carnet di buoni orari, numerati progressivamente e datati.
Il valore nominale dei buoni orari è fissato con decreto del Ministro del Lavoro e delle Politiche Sociali. Nelle more dell’emanazione del decreto, il valore nominale del buono orario è fissato in 10 euro; nel solo settore agricolo il valore è pari all’importo della retribuzione oraria delle prestazioni di natura subordinata, individuata dal contratto collettivo stipulato dalle associazioni sindacali comparativamente più’ rappresentative sul piano nazionale.
Compatibilità e cumulabilità del lavoro accessorio con le prestazioni a sostegno del reddito
L’articolo 48 del decreto legislativo n. 81 del 2015, al secondo comma, prevede che prestazioni di lavoro accessorio possano essere rese, “in tutti i settori produttivi, compresi gli enti locali, nel limite complessivo di 3.000 euro di compenso per anno civile, anche essi rivalutati, da percettori di prestazioni integrative del salario o di sostegno al reddito. L’INPS provvede a sottrarre dalla contribuzione figurativa relativa alle prestazioni integrative del salario o di sostegno al reddito gli accrediti contributivi derivanti dalle prestazioni di lavoro accessorio.”
Dalla relazione illustrativa al decreto legislativo n. 81 citato emerge come l’intento del legislatore sia stato quello di rendere strutturale la misura sperimentale (prevista per gli anni precedenti), che ha consentito ai percettori di ammortizzatori sociali di rendere prestazioni di lavoro accessorio in tutti i settori produttivi, compresi gli enti locali, nel limite complessivo di 3.000 euro di corrispettivo per anno civile.
Pertanto la nuova disciplina, che fa riferimento a redditi percepiti nel corso dell’intero anno civile (dal 1 gennaio al 31 dicembre), deve essere interpretata, nell’ottica costituzionalmente orientata di tutela del lavoratore, come applicabile anche alle fattispecie in esame sorte già nel periodo del 2015 precedente la sua entrata in vigore.
Tanto anche al fine di garantire un’equiparazione tra lavoratori percettori di prestazioni a sostegno del reddito che abbiano percepito redditi tramite voucher tra il 1 gennaio 2015 e il 24 giugno 2015 e quelli che abbiano percepito tali redditi fino al 31 dicembre 2014 e a partire dal 25 giugno 2015 (data di entrata in vigore del decreto legislativo n. 81 del 2015).
Compatibilità e cumulabilità del lavoro accessorio con l’indennità di mobilità
Dal 1 gennaio 2015 l’indennità di mobilità è interamente cumulabile con i compensi derivanti dallo svolgimento di lavoro accessorio nel limite complessivo di euro 3.000 per anno civile, rivalutati annualmente sulla base della variazione dell’indice ISTAT dei prezzi al consumo per le famiglie degli operai e degli impiegati. Per i compensi che superano detto limite, fino a 7.000 euro per anno civile (limite massimo annuale rivalutabile di reddito percepibile nell’ambito del c.d. lavoro accessorio), il reddito derivante dallo svolgimento del lavoro accessorio sarà compatibile e cumulabile con l’indennità di mobilità nei limiti previsti dall’articolo 9, comma 9, della legge n. 223 del 1991 (cfr. circolare Inps n. 229 del 1996).
Il beneficiario dell’indennità di mobilità è tenuto a comunicare all’INPS, entro cinque giorni dall’inizio dell’attività di lavoro accessorio o, se questa era preesistente, dalla data di presentazione della domanda di indennità di mobilità, il reddito presunto derivante dalla predetta attività nell’anno solare, a far data dall’inizio della prestazione di lavoro accessorio.
Compatibilità e cumulabilità del lavoro accessorio con la disoccupazione agricola
Per i trattamenti di disoccupazione agricola, l’articolo 48, comma 2, del decreto legislativo n. 81 del 2015, conferma la compatibilità con lo svolgimento di attività di lavoro occasionale accessorio. Il diritto di cumulo dell’indennità in argomento con il reddito derivante dal lavoro accessorio svolto nell’anno di riferimento della prestazione è possibile nel limite complessivo annuale di 3.000 euro netti di compenso, rivalutati sulla base della variazione dell’indice ISTAT dei prezzi al consumo per le famiglie degli operai e degli impiegati.
Per quanto riguarda l’applicazione della norma in argomento, si ritiene utile rammentare, in considerazione del fatto che l’indennità di disoccupazione agricola viene richiesta ed erogata nell’anno successivo a quello in cui si è verificato lo stato di disoccupazione, che la cumulabilità con tale prestazione deve essere valutata con riferimento all’eventuale attività di lavoro accessorio svolta nell’anno di competenza della prestazione.
Compatibilità e cumulabilità del lavoro accessorio con la Cassa Integrazione Guadagni
Anche le integrazioni salariali sono interamente cumulabili con i compensi derivanti dallo svolgimento di lavoro accessorio nel limite complessivo di euro 3.000 per anno civile, rivalutabile annualmente sulla base della variazione dell’indice ISTAT dei prezzi al consumo per le famiglie degli operai e degli impiegati.
Per i compensi che superano detto limite, fino a 7.000 euro per anno civile (limite massimo annuale rivalutabile di reddito percepibile nell’ambito del c.d. lavoro accessorio), si applicherà quanto previsto dall’articolo 8, commi 2 e 3, del decreto legislativo n. 148/2015 che ripropone le abrogate disposizioni (v. articolo 46, comma. 1 lettera L, decreto legislativo n. 148/2015) di cui ai commi 4 e 5 dell’articolo 8 della legge n. 160/88. Quindi, le remunerazioni da lavoro accessorio che superino il limite dei 3.000 euro non sono integralmente cumulabili: ad esse dovrà essere applicata la disciplina ordinaria sulla compatibilità ed eventuale cumulabilità parziale della retribuzione (cfr. circolare Inps n. 130 del 2010). Conseguentemente, per il solo caso di emolumenti da lavoro accessorio che rientrino nel limite dei 3.000 euro annui, l’interessato non sarà obbligato a presentare all’INPS la comunicazione preventiva di cui all’art. 8, comma 3, decreto legislativo n. 148/2015. Viceversa, la suddetta comunicazione preventiva andrà resa prima che il compenso determini il superamento del predetto limite dei 3.000 euro, anche se derivante da più contratti di lavoro accessorio stipulati nel corso dell’anno, pena la decadenza dalle integrazioni salariali (a tal riguardo restano in vigore i chiarimenti forniti con le circolari nn. 75/2007 e 57/2014).
Fonte: Inps
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