Le imprese delle filiere culturali e creative producono 78,6 miliardi di valore aggiunto e ‘attivano’ altri settori dell’economia arrivando a muovere complessivamente il 15,6% del valore aggiunto nazionale, equivalente a 227 miliardi di euro. Tanto vale nel 2014 il sistema produttivo culturale e creativo, un dato comprensivo del valore prodotto dalle filiere culturali e creative, ma anche da quella parte dell’economia nazionale che viene attivata dalla cultura, a cominciare dal turismo. È quanto emerge dal Rapporto 2015 “Io sono cultura – l’Italia della qualità e della bellezza sfida la crisi” elaborato da Fondazione Symbola e Unioncamere con la collaborazione e il sostegno dell’Assessorato alla Cultura della Regione Marche e di FriulAdria, presentato oggi a Roma alla presenza del ministro Franceschini dal Segretario Generale di Unioncamere Gagliardi, dal Presidente di Symbola Realacci e dal presidente di Unioncamere Dardanello. L’unico studio in Italia che annualmente quantifica il peso della cultura e della creatività nell’economia nazionale. Con risultati eloquenti: le filiere culturali e creative si confermano un pilastro del made in Italy, un sostegno importante alla nostra competitività o, per dirla in gergo calcistico, l’uomo in più messo in campo dalla squadra Italia per competere e vincere. Tanto che nel periodo 2012/2014, quindi in piena crisi, le imprese che hanno investito in creatività hanno visto crescere il proprio fatturato del 3,2%, mentre tra le non investitrici il fatturato è sceso dello 0,9%. E sempre le imprese che hanno investito in creatività sono state premiate con incremento dell’export del 4,3%, al contrario chi non ha puntato su questo asset ha visto le proprie esportazioni crescere di un ben più magro 0,6%.
Entrando nel dettaglio dello studio – una sorta di annuario, per numeri e storie, realizzato anche grazie al contributo di circa 40 personalità di punta nei diversi settori, alla partnership di Fondazione Fitzcarraldo e Si.Camera e con il patrocinio dei ministeri dei Beni e delle Attività Culturali e del Turismo e dello Sviluppo Economico – emerge che dalle 443.208 imprese del sistema produttivo culturale, che rappresentano il 7,3% delle imprese nazionali, arriva il 5,4% della ricchezza prodotta in Italia: 78,6 miliardi di euro. Che arrivano ad 84 circa, equivalenti al 5,8% dell’economia nazionale, se includiamo anche istituzioni pubbliche e realtà del non profit attive nel settore della cultura. Ma la forza della cultura va ben oltre, grazie ad un effetto moltiplicatore pari a 1, 7 sul resto dell’economia: così per ogni euro prodotto dalla cultura, se ne attivano 1,7 in altri settori. Gli 84 miliardi, quindi, ne ‘stimolano’ altri 143. Cifre che complessivamente arrivano, come anticipato, alla soglia di 227 miliardi di euro. Una ricchezza che ha effetti positivi anche sul fronte occupazione: le sole imprese del sistema produttivo culturale – ovvero industrie culturali, industrie creative, patrimonio storico artistico e architettonico, performing arts e arti visive – danno lavoro a 1,4 milioni di persone, il 5,9% del totale degli occupati in Italia. Che diventano oltre 1,5 milioni, il 6,3% del totale, se includiamo anche le realtà del pubblico e del non profit.
“L’Italia è forte se fa l’Italia, se scommette su ciò che la rende unica e desiderata nel mondo: cultura, qualità, conoscenza, innovazione, territorio e coesione sociale – commenta il presidente della Fondazione Symbola Ermete Realacci -. Dalla crisi, infatti, non si esce con ricette del passato, ma guardando al futuro. Dalla bellezza, alla cultura alla green economy molte imprese italiane hanno già colto i segnali che ci parlano del domani e scommettono sulla cultura e la creatività per rafforzare le manifatture. Una strada intrapresa anche da Germania, Gran Bretagna e Giappone. Numeri alla mano, non solo con la cultura l’Italia mangia, ma la cultura è nel nostro dna e grazie ad essa possiamo costruire un futuro all’altezza della nostra storia. Ecco perché, come si è iniziato a fare, bisogna integrare le politiche culturali all’interno di quelle industriali e territoriali, riconoscerne e accompagnarne il ruolo da protagonista nella manifattura e nell’innovazione oltre che nel turismo. Ecco perché bisogna cogliere la straordinaria occasione offerta da una vetrina globale come Expo 2015 per dare voce alle esperienze più avanzate di questo settore e offrire al mondo uno sguardo rivolto al futuro”.
“L’idea di cultura alla base dei lavori di Unioncamere e Symbola si fonda non solo su quell’enorme patrimonio italiano di musei, gallerie, beni culturali, festival, rappresentazioni artistiche, letteratura, cinema, ma anche sul made in Italy e sulle industrie creative, cioè su tutte quelle attività produttive che dalla cultura traggono linfa creativa”, sottolinea il presidente di Unioncamere, Ferruccio Dardanello. “L’interpretazione in chiave economica di questo inestimabile giacimento necessita di una politica nazionale che valorizzi gli intrecci tra i vari ambiti della cultura, per restituire ai settori culturali e creativi il loro giusto ruolo per l’economia dei territori e farne il cuore del modello di sviluppo economico del nostro Paese. Le Camere di commercio possono essere la rete territoriale per le politiche a sostegno della crescita delle economie locali e dei sistemi urbani, accanto al Ministero dei Beni e delle Attività Culturali e del Turismo: una rete che si affianchi a quella delle Sovrintendenze per rafforzare le relazioni (tra privati e, soprattutto, pubblico-private) necessarie a valorizzare dal punto di vista economico la nostra enorme offerta di cultura”.
Senza commenti