Il Tribunale di Milano, con sentenza n. 1341 del 19 gennaio 2015, riprendendo la sentenza della Corte di Cassazione n. 18678/2014, ha riconosciuto la legittimità del licenziamento intimato al lavoratore per scarso rendimento qualora sia provata, sulla scorta della valutazione complessiva dell’attività resa dal lavoratore stesso ed in base agli elementi dimostrati dal datore di lavoro, una evidente violazione della diligente collaborazione dovuta dal dipendente – ed a lui imputabile – in conseguenza dell’enorme sproporzione tra gli obiettivi fissati dai programmi di produzione per il lavoratore e quanto effettivamente realizzato nel periodo di riferimento,tenuto conto della media di attività tra i vari dipendenti ed indipendentemente dal conseguimento di una soglia minima di produzione.
Proprio la Suprema Corte aveva evidenziato come “la malattia non viene in rilievo di per sé… ma in quanto le assenze in questione, anche se incolpevoli, davano luogo a scarso rendimento e rendevano la prestazione non più utile per il datore di lavoro, incidendo negativamente sulla produzione aziendale”.
Nel caso in oggetto il licenziamento non è pertanto meramente fondato sulla durata dei periodi di malattia fruiti da lavoratore ma sullo scarso rendimento della prestazione da lui resa in rapporto alla compagine organizzativa resistente.
Va del resto rilevato che il licenziamento per giustificato motivo oggettivo, ex. art. 3 L.n.604/1966, può essere intimato, per costante giurisprudenza, per fatti relativi “all’attività produttiva, all’organizzazione del lavoro e al regolare funzionamento di essa” concernenti, fra le varie ipotesi, anche fatti attinenti la sfera del lavoratore rilevanti sul contesto aziendale, come contestato nel caso di specie in cui i periodi di malattia goduti dal ricorrente – e le conseguenti assenze e relative modalità di comunicazione- avrebbero gravemente inciso, a detta del datore di lavoro, sul contesto e sull’organizzazione aziendale resistente. “La c.d. eccessiva morbilità, dovuta a reiterate assenze per malattia, integra gli estremi dello scarso rendimento quando la prestazione di lavoro non è più utile al datore di lavoro. In tal caso, il fatto del lavoratore – indipendentemente dalla sua colpevolezza – è oggettivamente idoneo a provocare la risoluzione del rapporto” (v. Cass. n. 10286/1996).
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