La firma della busta paga da parte del lavoratore non costituisce prova dell’avvenuto pagamento della retribuzione da parte del datore di lavoro, ma può far presumere l’esatto adempimento.
Per superare la presunzione occorre che il lavoratore fornisca la prova dell’insussistenza del carattere di quietanza della dichiarazione sottoscritta. Lo ha stabilito il Tribunale di Bari con la sentenza 4754 del 12 ottobre 2016 (giudice Salamida).
La vicenda riguarda un lavoratore, che ha ottenuto dal Tribunale di Bari un decreto ingiuntivo di pagamento del trattamento di fine rapporto, a suo dire mai versato dal precedente datore di lavoro. Quest’ultimo si è però opposto al decreto, affermando di avere pagato in modo corretto il Tfr. Nel giudizio di opposizione il datore di lavoro, oltre a depositare gli estratti del «giornale generale» per il periodo in contestazione, ha presentato anche tutte le buste paga sulle quali era presente questa frase, seguita dalla firma dal lavoratore: «Dichiaro che i dati riportati nel presente prospetto paga sono rispondenti a verità e che appongo la mia firma per ricevuta dello stesso e dell’importo netto sopra evidenziato come netto da pagare».
All’esito del giudizio il tribunale ha accolto l’opposizione. Secondo il giudice, infatti, la contumacia del lavoratore e la non contestazione dei documenti prodotti insieme al prospetto e agli estratti del libro giornale costituiscono prova dell’avvenuto pagamento da parte del datore di lavoro. La sentenza precisa però che la presentazione del solo prospetto paga non è sufficiente a provare l’avvenuto pagamento da parte del datore di lavoro. Il rilascio della busta paga, infatti, non può produrre gli effetti di una quietanza liberatoria, trattandosi di un documento (obbligatorio) proveniente dal debitore e non dal creditore. Anche la sottoscrizione della busta paga non può produrre gli effetti della quietanza, perché può avere valore di ricevuta del prospetto paga, ma non delle somme riportate sullo stesso cedolino.
Lo stesso tribunale, poi, aggiunge che «nemmeno l’apposizione della firma per quietanza espressa soddisfa, in modo automatico, l’onus probandi di chi adduce il fatto estintivo dell’obbligazione, posto che trattasi pur sempre di dichiarazione di scienza priva di valore negoziale la cui portata deve essere valutata caso per caso (sentenza 157/1986 della Cassazione)».
Secondo il tribunale, tuttavia, in presenza di una busta paga sottoscritta, si deve ritenere sussistente una presunzione di corrispondenza tra la retribuzione percepita e quanto indicato in busta paga anche se tale presunzione – che non può essere considerata assoluta – necessita della prova da parte del creditore lavoratore dell’insussistenza del carattere di quietanza della dichiarazione sottoscritta.
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